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giovedì 26 luglio 2018

POPULISMO. CHE COSA PUÒ FARE LA SCUOLA?

La scuola può arginare 
il populismo

di Maurizio Muraglia

Considero il populismo un problema educativo. E quindi didattico. Scindere i due livelli non è utile quando si parla di scuola e di istruzione. Credo che il popolo italiano sia un popolo tendenzialmente populista, incline alla sudditanza e all’entusiasmo per ogni forma di seduzione politica. E lo credo perché credo che in più di un secolo e mezzo la scuola italiana non sia riuscita a produrre le condizioni per la piena cittadinanza, cioè per l’anticorpo più efficace contro il populismo.
In fondo l’art.3 della Costituzione indica alla scuola il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, ed il populismo a mio modo di vedere rappresenta una fase non pienamente sviluppata della persona umana. Sia la persona che lo esercita sia quella che lo subisce. Infatti il populismo presenta questa dimensione relazionale. Non c’è populista senza popolo disposto a farsi portare laddove il populista vuole. E questo popolo o pseudo-tale si rende disponibile a misura del legame fideistico che vuole instaurare con il leader di turno e che si basa sulla capacità del leader di dare risposte semplici a problemi complessi, tacciando chi vuole cercare risposte complesse di intellettualismo paranoico. Il desiderio di semplificazione è una molla tipica degli animi non abituati al pensiero complesso e alla fatica della discussione.
Il problema educativo sta tutto qui. Nella possibilità che ci si faccia portare dove altri vogliono senza disporre degli strumenti che servono per capire non solo il “dove”, ma anche il “chi”. Questi strumenti sono culturali e non garantiscono il successo dell’operazione. I populisti infatti dispongono oggi di strategie suasorie certamente superiori a quelle dei loro predecessori (quelli antecedenti alla TV per esempio).
Questo è ben noto a tutti. Ma non esautora ugualmente l’educazione dal fare la sua parte con il supporto decisivo dell’istruzione, senza la quale l’educazione si risolve in puro chiacchiericcio predicatorio e valoriale.
Il sistema scolastico italiano è chiamato in causa dall’emergenza populista. Alcuni anni fa si è parlato di emergenza educativa in rapporto alla condizione giovanile. Ricordo bene. Il bullismo, l’uso sconsiderato dei social e dei cellulari, gli atti di violenza sorreggevano l’impianto emergenziale del discorso educativo. Di emergenza populista non ho mai sentito discutere, benché dopo Tangentopoli, quando ancora i nostri diciottenni non erano nati, il populismo abbia rappresentato il fulcro del discorso politico pubblico, senza interruzioni (a parte le brevi stagioni di Prodi e Gentiloni, che non a caso non “bucavano” lo schermo) fino ai nostri giorni. Quindi stiamo parlando di un fenomeno che, seppur presenta la sua punta dell’iceberg nel discorso e nella prassi politici, affonda le radici in una sorta di fisionomia antropologica nazionale, ed è per questo a mio modo di vedere che finisce per interpellare l’educazione.
Il sistema scolastico italiano, dunque, di fronte al populismo. Accenno in sintesi a tre essenziali livelli di attenzione.
Il clima “politico” interno alle scuole. È il primo banco di prova dell’attitudine partecipativa. La scuola infatti è un microcosmo politico, con tanto di organi decisionali e regolamenti. Dovrebbero regnarvi, come tratti stilistici fondamentali, la discussione e l’argomentazione. Trovo che siano i due pilastri di un’educazione alla cittadinanza democratica. Discutere e argomentare. All’interno delle aule e negli organi collegiali. È nel conflitto delle interpretazioni e nell’argomentazione dei punti di vista, infatti, che si annida la possibilità di smascherare pregiudizi, stereotipi e luoghi comuni. Tutto ciò di cui si nutre il discorso populista.
L’ethos culturale. Ma per discutere e argomentare bisogna averne voglia e soprattutto saperlo fare. Lasciando questo secondo livello alla didattica, mi fermo sull’ethos culturale, ovvero su quella condivisione di sentire che una comunità educativa dovrebbe percepire come pertinente alla sua missione. La condivisione del sentire non ha niente a che vedere con l’omologazione e col pensiero unico. Condividere il sentire vuol dire qui mettere in comune il desiderio di fare dell’ambiente scolastico un ambiente tollerante e pluralistico. E cercare tutte le condizioni e le occasioni per favorire il pronunciamento, l’approfondimento, il dibattito.
Il ruolo dei saperi. Lo specifico della scuola è che fa incontrare gli allievi con la cultura. I saperi sono proprio gli ingredienti di questo incontro. A mio modo di vedere i saperi dovrebbero essere al servizio dell’ethos culturale pluralistico di cui ho appena parlato. Devono sapersi trasformare in cultura personale degli allievi e degli insegnanti. La scuola attraverso i saperi ha la possibilità di trasformarsi in un forum permanente. Ma una simile promessa richiede una modalità di trattamento dei saperi che deve fare giustizia di alcuni nemici storici, proprio quelli che hanno impedito alla cultura della scuola di costruire la cittadinanza necessaria ad esorcizzare la banalità dei populismi. Quali sono questi nemici? Anche qui tre essenziali.
La pedanteria. Si tratta di una categoria-ombrello che accoglie sotto di sé alcuni virus implacabili: il nozionismo, L’accumulo burocratico del sapere, la trasmissione unidirezionale, la valutazione numerica. Tutta roba che configura la scuola quale spazio attento alle formalità e alle carte, ai programmi da svolgere, alle medie dei voti. Gli insegnanti, all’interno di questo paradigma, sono più impiegati che intellettuali. E vivono di stereotipi: devo svolgere il programma, potrebbe fare di più, dilla con parole tue, non è scolarizzato, non ha metodo di studio, non ha la media del sei ed altri costrutti che rimandano piuttosto a verifiche pedanti che a veri eventi formativi.
La chiusura culturale. L’attualità fa capolino fino ai 15 anni. Il triennio della secondaria superiore sembra poi dimenticare gli anni di nascita dei ragazzi. Abbiamo fatto cenno a Tangentopoli. Impensabile che in classe si sappia di che si parli. L’obiezione ipocrita che in classe non si dovrebbe parlare di questi temi per non condizionare nasconde in moltissimi casi la sostanziale ignoranza degli stessi, che imbarazza non pochi docenti. La contemporaneità sembra la grande esclusa dall’orizzonte culturale dei nostri studenti. Quale cittadinanza si vuole costruire e quale ethos culturale fondato su discussione e argomentazione può essere praticato senza avere acuta percezione del tempo che si vive? Non sorprende che il populismo attecchisca dove alligna l’ignoranza.
La formazione dei docenti. Abbiamo insegnanti che vengono invitati ad aggiornarsi su tecniche. Compiti autentici, rubriche valutative, progettazione per competenze. Oppure devono impadronirsi di tutto l’armamentario neoliberistico che prende il nome di RAV, PDM, PTOF, volto a far crescere la cultura del Dato, dell’Esattezza e della Numericità. Gli insegnanti sembrano sommersi da tecniche e protocolli. Di cui peraltro non comprendono la ratio perché in larghissima misura non hanno contezza della loro origine normativa, che è sempre un’origine culturale. E il cerchio si chiude.
La normativa scolastica è figlia di paradigmi culturali. Conoscerla criticamente significa capire la destinazione di quel che si fa e pertanto crescere in cittadinanza e senso critico.
Qui infatti è l’approdo della questione. Chi può veicolare cittadinanza se non cittadini? Capaci di discutere e argomentare? Ethos culturale ed ethos democratico qui si danno la mano, ed entrambi sono frutti di una paideia. Perché stupirsi del trionfo italiano dei populismi se la cittadinanza sonnecchia e la paideia che ne è il nutrimento si attorciglia appresso a utopie neopositivistiche fatte di statistiche, graduatorie, test, percentuali? Abbiamo una scuola che si è modernizzata dandosi un sistema nazionale di valutazione, tanto digitale e tanta chiacchiera sull’inclusione (anche qui sigle: BES, DSA, PDP, PAI….). Ma nelle classi nessuno sa che cosa sia successo in Italia negli ultimi quarant’anni, quali siano le tendenze fondamentali del nostro tempo e che cosa sia questo populismo di cui discutono i talk show.
I nostri alunni si diplomano, il mondo va da un’altra parte e la scuola recita sempre il suo discorso.


da www.tuttavia.eu
 
 

venerdì 20 marzo 2015

NO MALTRATEMOS LAS RAICES! NON STRAPPATEMI LE RADICI!


NO MALTRATEMOS

LAS RAÍCES


Giovanni Perrone *

Nos pasó al conseguir plantas para regalar? O para comprar? A veces parecen plantas exuberantes, con hermosas flores, pero .... después de unos pocos días se marchitan. Tal vez tenemos que cambiar el recipiente, usted se pregunta. Intenta, pero te das cuenta de que la planta no tiene raíces!
La cotidiana y alarmante noticia que recibimos de diferentes zonas del mundo, especialmente aquellas zonas en las que está el autodenominado el estado islámico, nos muéstra una furia feroz para erradicar la memoria milenaria de la civilización antigua y las raíces del mundo occidental.
Es una loca y ciega operación por la desertificación. Es fácil, de hecho, trasformar un florido bosque en un árido desierto, es muy difícil de hacer lo contrario, especialmente cuando el suelo está lleno de herbicidas venenosas!
Estos terribles acontecimientos son condenados con prontitud y se resistieron, con la esperanza de que una paz duradera garantizará un progreso real para toda persona y de cada pueblo. Tal barbarie debemos preguntarnos por qué no encuentra un terreno bien fértil en nuestra casa.
Incluso en Europa y muchos otros países de todo el mundo (incluyendo el nuestro), de hecho, con el pretexto del laicismo y la libertad, se manifiestan intentos velados o explícitos en la erradicación y la desertificación. El laicismo no es una tabla rasa; no hace que la gente y las instituciones sean algo inodoro e insípido; No esteriliza ni homogeniza!
El ser laico debe denotar una actitud positiva de respeto y promoción de las personas y la cultura. La verdadera laicidad y la verdadera libertad, de hecho, no se rigen por la lógica individualista o colonialista, pero si por la promoción del bien común. La laicidad es un valor positivo: no es posible impedir todo para no desagradar a nadie. Es más bien promover el conocimiento, el diálogo, el desarrollo, la interacción pacífica, el uso responsable de la libertad.
Hay eventos que debe darnos una pausa: la negativa a hacer referencia a las raíces cristianas en la Constitución Europea, que dicen "secularizar" fiestas y tradiciones típicamente cristiana, vaciarlos de contenido y significado, la falta de educación en valores en muchas familias y, a veces incluso, en las instituciones civiles y educativas, los arrogante francotiradores de los medios contra los valores fundamentales para el individuo y la sociedad, la escasa cultura de la que muchos están contentos .... son formas de desertificación cultural e incluso la castración cultural. Casi parece que se le diga a la gente que arrancar árboles de bosques caducifolios para plantar calabazas, de acuerdo a los caprichos de la moda de turno.
No arranquemos las raíces de la generación más joven! Basamos el crecimiento de raíces fuertes, que por supuesto necesitan un suelo fértil y bien cuidado, y la poda de la planta, ya que cada árbol es floreciente y da buen fruto. Nosotros no tomamos la memoria y el futuro de nuestros hijos, la reducción de los OMG o de los pollos de engorde, así engordados para la masacre.
Los terrenos baldíos pronto fueron ganados por espinas y malezas traídas por los vientos del día; están colonizados por malezas invasoras. Nosotros nos ayudamos a nosotros mismos y a nuestros hijos para recordar, para crecer apoyados y guiados por los valores que exaltan la dignidad de cada persona y fundaron la comunidad, tales como el diálogo, el altruismo, la cooperación, el amor por la vida y por la medio ambiente, la democracia, la no violencia, la sencillez, la espiritualidad, la justicia ....
Debemos hacer memoria para no olvidar y para construir un futuro mejor! Por ejemplo, ¿cuál es la fiesta de la Pascua si no nos ayudamos a nosotros mismos y a los jóvenes, como los niños, a entender la Pascua histórica, cultural y religiosa, lo que la caracteriza, el mensaje que viene, el comportamiento más apropiado para hacer la verdadera fiesta ....? La cultura es la comprensión inteligente, no el prejuicio estúpido!
Sin esto, la Pascua permanece como migas con moho de los dulces de Pascua, alguna resaca o alienación, algunos destellos del folclore. Todavía un desarraigo de la cultura, la esterilización, la pérdida de la memoria y la fertilidad.
Feliz Pascua a todos!


*Secretario general UMEC-WUCT – Union Mundial de Educadores Catòlicos

NON STRAPPATEMI LE RADICI! 



mercoledì 19 giugno 2013

L'IMPEGNO DI TUTTI PER IL FUTURO DEL PAESE - ITALIA

Democratica…mente   - L’impegno di tutti…  per il futuro del Paese

 Roma, 30 giugno – 1 luglio 2013
 Centro nazionale Aimc - Sala Badaloni -  Clivo di Monte del Gallo,48
 Programma    
30 giugno                                                                                                                            
 ore 15.30        Apertura dei lavori - Introduce Giuseppe Desideripresidente nazionale AIMC                  
Una Chiesa appassionata per l’educazione - S.E. Mons. A. Vincenzo Zani,Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica
L’impegno della Famiglia in una società che cambia - Francesco Belletti,presidente Forum associazioni familiari
Dibattito –  ore 19.00        Conclusione dei lavori
                                                                  1 luglio                                                                                                                           
 ore 9.30          Costituzione e Istruzione: storia di un diritto in uno scenario di inquietudini - Alessandro Diotallevi, avvocato costituzionalista
 Il ruolo della Scuola per il futuro del Paese: priorità ineludibile  - Marco Rossi Doria, sottosegretario MIUR  
Dibattito ore 13.00        Conclusione dei lavori