PATTO SCUOLA-FAMIGLIA. CHE FINE HA FATTO?
Pope Francis: " ..... And here we come to the second point, that is, to the educational alliance between the school and the family. We all know that this alliance has long been in crisis, and in some cases completely broken. Once upon a time there was significant mutual reinforcement between the stimuli given by teachers and those given by parents. Today the situation has changed, but we can not be nostalgic for the past. We must take note of the changes that have affected both the family and the school, and renew the commitment to constructive collaboration or rather, rebuild the alliance and the educational pact for the benefit of children and young people. And since this synergy no longer occurs in a “natural” way, it must be promoted in terms of planning, also with the contribution of experts in the pedagogical field. But first we must encourage a new “complicity”
I am
conscious in my use of this word, a new complicity between teachers and
parents. First of all, by avoiding thinking of each other as opposing fronts,
blaming each other, but on the contrary putting ourselves in the shoes of each
other, understanding the objective difficulties that each encounters in
education today, and thus creating greater solidarity: complicity in
solidarity.... "
di Giuseppe Savagnone
Perché i genitori picchiano, sempre più spesso, i
docenti dei loro figli? La domanda, se posta anche solo pochi anni fa, avrebbe
lasciato allibiti. Oggi sorge spontanea, leggendo le cronache dei giornali.
Ormai non passa quasi settimana senza che un insegnante venga aggredito, da un
padre, da un marito e una moglie insieme, o direttamente dagli alunni,
evidentemente sicuri dell’appoggio delle famiglie. Soltanto in questi pochi
mesi del 2018 si contano ben ventiquattro episodi di violenza su maestri e
professori.
Fare il docente è diventato un mestiere pericoloso
che presto richiederà, se le cose continuano ad andare così, corsi di
addestramento all'autodifesa.
Che cosa
è successo? La risposta non può non tener conto del crescente isolamento della
figura dell’insegnante, in una società che non gli ha mai riconosciuto dignità
sul piano retributivo, ma che ora, a differenza che in passato, non gliene
attribuisce più neppure su quello del prestigio sociale e culturale. Fino a
cinquant'anni fa il lavoro di educatore era pagato poco, ma era rispettato.
Oggi non è più così.
C’è stato il Sessantotto, con la contestazione dei
“maestri”, che ha travolto, insieme ad indubbie forme di autoritarismo, anche
la loro autorità. Probabilmente ha inciso anche la crisi del concetto di
“missione”, percepito a un certo punto come un alibi retorico per giustificare
i bassi stipendi dei professori, con la conseguente crisi di motivazione di
tanti la cui passione educativa si fondava su una visione idealizzata della
scuola.
Soprattutto,
è cambiata la percezione comune del rapporto tra denaro e valore sociale: in
passato il primo non era la misura del secondo; nell'Italia del nostro tempo lo
è diventato. Chi guadagna poco è, in fondo, un fallito.
È con questo atteggiamento di sottile disprezzo che
molti si rapportano alla classe docente, e non c’è da meravigliarsi se,
consciamente o inconsciamente, lo trasmettono ai loro figli.
Ma gli episodi di violenza non ci parlano solo del
declino della scuola: essi sono lo specchio allarmante di una famiglia sempre
più caratterizzata dall’incapacità, da parte di genitori insicuri e
iperprotettivi, di far valere la loro funzione educativa, perché troppo
timorosi dei conflitti che un esercizio reale della loro autorità genitoriale
potrebbe determinare. Alla base c’è una grande fragilità degli adulti. Ormai, ….
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