mercoledì 11 agosto 2021

SOUTH SUDAN - SEMINARE SPERANZA - SOWING HOPE


 South Sudan : 

Seminare speranza

 nel mezzo della violenza

---English below---

 

È passato poco più di un mese da quando la vita del mio amico James è stata spezzata, l’ennesima vita stroncata dall'odio, dalla violenza e dalla vendetta in questo paese, il Sud Sudan, che anela e spera per una pace che sembra ancora tanto lontana dal realizzarsi. Mi trovavo nella mia capanna di sera, intorno alle 19:00, scrivendo una lettera, quando sento un colpo di pistola che sembra far tremare il suolo a poche decine di metri dalla chiesa. Subito ci rendiamo conto che qualcosa di molto brutto è accaduto e nel silenzio attendiamo di capire cosa è successo. Dopo circa un minuto sentiamo grida disperate specialmente di donne che piangono il loro figlio, caduto a terra in un mare di sangue. La gente continua a piangere e a gridare mentre il corpo di James, un giovane di 29 anni appena sposato con un figlio appena nato, viene avvolto in un lenzuolo e viene portato nella casa di suo padre dove secondo la tradizione viene immediatamente seppellito. Piove a dirotto questa notte, notte di lacrime e di angoscia.

Il giorno dopo le strade sono deserte e le poche persone che vanno al mercato camminano in silenzio, nessuno parla con un’altra persona, nessuno sa cosa accadrà adesso. Le scuole rimangono chiuse. La casa del padre di James viene circondata da soldati, per cercare di garantire sicurezza nell’area. Al mattino seguente vado a trovare il padre di James, John, nella sua casa, assieme ad un catechista. La casa è piena di donne che piangono e che tentano di consolarsi a vicenda. Il padre di James è a letto, sconsolato. James è l’unico figlio di John che lavorava, l’unico che poteva aiutare la famiglia a comprare il cibo e a mantenere la famiglia, adesso non c’è più. Cerchiamo di portare speranza nel mezzo della violenza con la ferma fede in quel Dio della Vita che è il solo che ci dà la forza di lottare e seminare pace nel mezzo della violenza.

I soldati mi chiedono di andare in un villaggio lì vicino perché la famiglia di James vuole preparare la vendetta, subito. La vendetta è una pratica davvero (troppo!) comune nella cultura dei Nuer, “se ti viene fatto un torto e non ti vendichi non sei un uomo”, si dice da queste parti. Ascoltiamo questi familiari di James. Il loro cuore è un misto di tristezza e rabbia, sono armati fino ai denti. Mi colpisce davvero tanto vedere un giovane di 25 anni col rosario al collo e un fucile tra le mani: non credo che dimenticherò mai questo giovane. Uno zio di James dice che bisogna colpire un familiare dell’assassino immediatamente, a sangue freddo. Gli altri non sono d’accordo. Dicono che istruiranno i loro figli sin da bambini e che quando cresceranno uno di loro farà fuori uno dei figli di chi ha colpito James. Il desiderio di vendetta viene tramandato da una generazione all'altra. La fede in Gesù sembra essere offuscata dalla cultura della vendetta, il sangue della cultura sembra essere più forte dell’acqua del battesimo.

Noi predichiamo la pace, con tutto il cuore e con tutte le energie; quella pace che solo Gesù può darci. Al funerale di James grido alla gente il vangelo del perdono e della giustizia. Assolutamente no all'occhio per occhi e dente per dente! Mai farsi giustizia da sé, mai impugnare il fucile ed uccidere, ma dare spazio alle autorità locali affinché giustizia venga fatta. La vendetta non porta niente di buono, soltanto aumenta il dolore e la sofferenza. In questo paese che ha appena celebrato il suo 10° anniversario di indipendenza speriamo in un futuro migliore, per il bene della nostra gente, per una vita vera per i nostri giovani e bambini. Non siamo soli. Siamo convinti che Gesù di Nazareth è con noi, lotta con noi, e chiediamo che il suo Spirito trasforma e converta il cuore dei signori della guerra. Senza Gesù non sarebbe possibile vivere in questo contesto. Solo con Gesù un altro mondo è davvero possibile.

P. Mario Pellegrino, mccj


 English version

South Sudan: Sowing hope in the midst of violence

(original Italian text)

It has been a little over a month since my friend James's life was broken, yet another life cut short by hatred, violence and revenge in this country, South Sudan, which yearns and hopes for a peace that seems still very far from being realized. I was in my hut in the evening, around 7 pm, writing a letter, when I hear a gunshot. It seemed to shake the ground a few tens of meters from the church. We immediately realize that something very bad has happened and in silence we wait to understand what had happened. After about a minute we hear desperate cries, especially from women in mourning for their son, who had fallen to the ground. He was surrounded by a pool of ​​blood. People continue to cry and scream as his body, James had been 29 years old who had just got married and had a newborn son, is wrapped in a sheet and taken to his father's house where, according to tradition, he is immediately buried.

It was raining heavily that night, a night of tears and anguish.

The next day the streets are deserted and the few people who go to the market walk in silence, no one talks to another person, no one knows what will happen now. Schools remain closed. The house of James's father is surrounded by soldiers, trying to ensure safety in the area. The next morning, I go to visit John, the troubled father; I was accompanied by a catechist. The house is full of women crying and trying to console each other. James's father is in bed, dejected. James was the only son who worked, the only one who could help the family buy food and support its members; he is no longer there. We try to bring hope in the midst of violence with firm faith in that God of Life who is the only one who gives us the strength to fight and sow peace in the midst of violence.

The soldiers ask me to go to a nearby village because James's family wants to prepare for revenge, right away. Revenge is a really (too!) much of a common practice in the Nuer culture, "if you are wronged and you do not take revenge you are not a man", they say around here. Let's listen to James’s family members. Their heart is a mixture of sadness and anger; they are armed to the teeth. It really strikes me to see a young man of 25 with a rosary around his neck and a gun in his hands: I don't think I'll ever forget him. On of James’s uncles says that they need to hit a killer's family member immediately, in cold blood. The others disagree. They say they will educate their children from an early age and that when they grow up one of them will kill one of the children of whoever hit James. The desire for revenge is handed down from one generation to the next. Faith in Jesus seems to be clouded by the culture of revenge, the blood of culture seems to be stronger than the water of baptism.

We preach peace with all our hearts and with all energies; that peace that only Jesus can give us. At James's funeral, I cry out to the people the gospel of forgiveness and justice. Absolutely no eye for eye and tooth for tooth! Never take justice on your own, never grab a gun and kill, but give space to local authorities so that justice is done. Revenge does not bring anything good; it only increases the pain and suffering. In this country that has just celebrated its 10th anniversary of independence, we hope for a better future, for the good of our people, for a real life for our young people and children. We are not alone. We are convinced that Jesus of Nazareth is with us, struggles with us, and we ask that his Spirit transform and convert the hearts of the warlords. Without Jesus it would not be possible to live in this context. Only with Jesus is another world possible.

 

Fr. Mario Pellegrino, mccj

 

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